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LA PARTE RITMICA NELLA PEDAGOGIA WALDORF
Una delle peculiarità della Scuola Waldorf è il dare avvio alla giornata attivando le membra nella cosiddetta parte ritmica. Le membra sono ciò che nel nostro corpo fisico più ci lega al nostro compito terrestre attraverso la sfera della volontà. Attivare le membra vuol dire svegliare quella parte di noi che nel mondo vuole imprimere un segno, poggiando i piedi sulla terra, che nel mondo vuole agire, muovendo le mani, prezioso strumento di cui solo l’uomo dispone per rendersi utile alla vita. Vuol dire, in una parola, rendersi operosi.
Al mattino, nella Scuola Waldorf, dopo aver aperto la giornata con lo spruch, la classe si ritrova nel cerchio con il proprio maestro. Di questi tempi si cercano le più svariate soluzioni, dalle aule grandi che possano ospitarci in tanti, allo spazio esterno, all’atrio della scuola. Si dà allora inizio alla parte ritmica. Essa, fin dalla prima classe, si pone degli obiettivi nel favorire lo sviluppo sano del bambino e nel far acquisire abilità.
La parte ritmica lavora sulla lateralità. Fin dalla prima classe si comincia a conoscere il proprio corpo attraverso la destra e la sinistra. Si batte il piede destro e poi il sinistro, si muove un passo a destra e poi a sinistra, si battono le mani alla propria destra e poi alla propria sinistra. E poi… il piede destro qual è? E la mano? E… l’orecchio? E… riusciamo a toccare con la mano destra l’orecchio sinistro?
Conquistare la lateralità significa conquistare il proprio centro. Lo stare al centro di noi stessi ci conferisce quella verticalità e quell’equilibrio con i quali possiamo affacciarci al mondo. Stare al centro di noi stessi significa poter correttamente respirare. Poter correttamente ascoltare. Ed anche affidarsi all’altro, rimanendo in se stessi.
Ma crescendo, di pari passo con l’introduzione della simmetria non solo verticale, ma anche orizzontale nel disegno di forme, la lateralità viene lavorata anche nel mettere in movimento la parte superiore del corpo e quella inferiore, e … non è detto che le due facciano sempre la stessa cosa. Ecco che allora i piedi possono battere a terra alternativamente e le mani essere impegnate in un sonoro schiocco di dita, oppure i piedi disegnano una forma a terra mentre le mani ci battono sopra un ritmo. Allora, nel muovere il sopra e il sotto del nostro corpo, il centro di cui andiamo in cerca è nella nostra zona mediana, quella che ci mette in relazione con il mondo e con l’altro. E così i ritmi diventano più elaborati e complessi. Magari ci sono diverse sequenze ritmiche da apprendere, e alla richiesta di cambio sequenza della maestra, devo essere pronto a cambiare, con una parte del corpo, e insieme a mantenere, con l’altra.
La parte ritmica richiede presenza e prontezza di spirito.
E poi richiede ascolto: prima di potersi cimentare in una sequenza di battiti o di altri movimenti del corpo, devo poter ascoltare quel che il maestro mi fa sentire. Poi entrarvi piano piano, sperimentare nella lentezza e curare la precisione. Non posso essere approssimativo, per esempio correre o precedere i tempi, perderei la pulsazione che mi guida. Tutto è pulsazione, sotto ogni attività vi è una pulsazione, proprio come nel nostro corpo fisico, dove il battito del cuore regola il nostro stare nel mondo, anche se non sempre, o quasi mai, lo ascoltiamo. Se perdo la pulsazione perdo il sano ritmo, accelero, probabilmente perdo gli altri. Anche se rallento troppo, posso perdere gli altri. Allora si riparte, si riprende il ritmo assieme, chi già l’ha conquistato si mette a disposizione di chi ci si deve ancora allenare. E nell’ascolto mi osservo intorno, siamo tutti assieme? Si? Allora posso continuare.
Nel ritmo posso portare le poesie che mi fanno ampliare lo sguardo al cosmo e al suo movimento del periodo dell’anno: è primavera, è autunno, è tempo di Michele o di San Martino, intorno la neve o il freddo pungente dell’inverno? Posso portare le filastrocche più divertenti o addirittura gli indovinelli. Oppure, attraverso l’esercizio e la conquista della pulsazione di base, creare la struttura di un nuovo canto. Oppure ancora posso ripetere numerazioni e tabelline. Sono certo che, sorretto dal ritmo, la mia memoria lavorerà meglio, e il flusso ritmico mi aiuterà a ricordare.
A mano a mano che la classe avanza, i ritmi si fanno sempre più interessanti. In VI, VII e VIII si possono creare sequenze ritmiche a più voci estremamente coinvolgenti per i ragazzi. Spesso sono loro che, ormai, hanno sviluppato tali capacità da proporre ritmi così complessi su cui c’è davvero da esercitarsi!
Dalla I all’ VIII, arrivare in fondo a una sequenza ritmica in cui tutti hanno proceduto assieme, senza sbavature, nell’ascolto preciso gli uni degli altri, è una intensa soddisfazione che, spesso, in classe strappa un applauso.
A conclusione della parte ritmica, bambini e ragazzi, sono pronti ad apprendere. La volontà si è destata, il corpo si è scaldato, si è respirato, ora la mente è più ariosa, più luminosa, più aperta ad accogliere. Quando si conclude la parte ritmica e si torna in classe, ci si siede al banco, si beve un sorso d’acqua, si fanno due chiacchiere e due risate, si guarda alla giornata che ha inizio: cosa ci porta incontro? Ogni maestro percepisce senza dubbio quando una parte ritmica ha funzionato, quando ha veramente predisposto al lavoro.
E allora… si inizia!
Per il Collegio Insegnanti, Alessandra Fabris